METODOLOGIA E MODALITA' DI LAVORO

L’avvio è stato dato, come sempre, da alcuni anni a questa parte, da attività di accoglienza svolte durante la prima settimana di scuola, per gruppi (classi aperte) di bambini frequentanti tutte e cinque le classi (UA “A scuola con Pinocchio” UA “Vacanze a Piro Piro”).
Le insegnanti cioè solitamente scelgono una narrazione che contenga elementi cui ‘agganciare’ attività capaci di stimolare meraviglia nei bambini, curiosità e di fornire basi per la progettazione di un percorso, di durata annuale che sia frutto di continua ‘contrattazione’ tra insegnanti e alunni stessi. Per ottenere ciò, la narrazione viene animata dalle insegnanti ‘a puntate’, nel corso della prima settimana e al termine di ogni puntata i bambini vengono coinvolti in attività laboratoriali per classi aperte in cui si propongono azioni o materiali capaci di rendere evidente il filo conduttore possibile tra la narrazione proposta e il percorso di ricerca/conoscenza che accompagnerà l’anno scolastico e si costruirà man mano.
Tale filo conduttore permetterà ai bambini di motivare azioni, di orientarsi al loro interno, di strutturare percorsi, di dare senso. Grossi stimoli sono stati introdotti anche con la visita guidata, effettuata ad inizio d’anno, all’ecomuseo Balthazar, cellula creata dalla scuola primaria di Montereale Valcellina, ad argomento prettamente scientifico. Lì i bambini hanno
capito di poter costruire con le loro mani ‘oggetti’ capaci di comunicare conoscenze, di provocare apprendimento, in modo semplice, diretto ed efficace, in loro coetanei. In seguito, proprio provando a costruire questi ‘oggetti’, hanno compreso anche che proprio il costruirli produceva in loro maggiori conoscenze, abilità, competenze.
A seguito di tali attività i bambini di quarta e quinta hanno poi proposto lo
svolgimento a tema dei laboratori per tutto l’anno scolastico, tenuto conto anche delle proposte fatte dall’ecomuseo (ad es. nell’anno in cui l’attività di accoglienza si era incentrata sull’animazione della fiaba di Pinocchio, nel laboratorio di Geppetto, si conoscevano ed utilizzavano strumenti – il banco del falegname, in particolare, era molto conteso anche durante le ricreazioni - e materiali utili al progetto, nel laboratorio della Fata Turchina si realizzavano gli esperimenti scientifici e le attività di ricerca e conoscenza del territorio, nel laboratorio del grillo parlante c’era modo di discutere su comportamenti, attività e progetti).
Ciascun tema è stato poi sviluppato in modo consono alle diverse età dei
bambini del plesso e al percorso di conoscenza di ciascuna classe, anche grazie al coinvolgimento dei bambini stessi nella progettazione. Agli alunni delle prime classi sono stati principalmente proposti laboratori in cui l’utilizzo dei materiali provenienti dai magredi stimolassero curiosità, inizialmente e poi conoscenze specifiche, sugli ambienti da cui provenivano (la terra che si lascia lavorare: calchi e costruzioni in argilla reperita in loco; sassi per giocare: sperimentazione di giochi tradizionali con l’uso di sassi di diverse forme e dimensioni…).
I bambini di terza si sono concentrati invece sulle sensazioni provate durante le loro prime escursioni nei magredi ed in particolare su quelle sonore: hanno manipolato e trasformato, dal punto di vista tecnologico diversi materiali per produrre suoni specifici, hanno provato a registrarli formando composizioni sonore, hanno scelto e prodotto immagini adatte ad accompagnarli per giungere, l’anno successivo e con la collaborazione di un compositore musicale, alla costruzione di una cartolina sonora che ora è visibile all’interno del centro visite appena inaugurato e che si proietta ai visitatori per immergerli nella nostra vita di abitanti dei magredi. Hanno voluto anche proporre agli altri l’esperienza, allestendo un laboratorio sul suono.
Lo stesso è avvenuto per gli esperimenti scientifici condotti per approfondire la conoscenza dei terreni presenti nei magredi: ne è nato un kit che loro stessi utilizzavano durante le giornate di didattica situata. I bambini più grandi, che con quei materiali avevano già avuto modo di misurarsi, ne hanno sperimentato possibilità creative da proporre agli altri (gli acquerelli con il sale, gli intrecci di carta, lana, vimini, i mobiles con gusci, radici, costruzioni in argilla, i collages/land art).
Hanno poi fissato su schede predisposte al computer, le istruzioni necessarie a realizzarle, proposto la sperimentazione delle stesse a compagni di gruppi o classi diverse, istituito nuovi laboratori, corretto e affinato le attività progettate e sperimentate, sintetizzato le loro conoscenze sull’ambiente magredile all’interno di una guida con quaderno attivo che accompagni i loro coetanei alla scoperta dei magredi. La guida è stata, l’anno successivo, completata con una raccolta di descrizioni di specie botaniche e faunistiche tipiche dell’ambiente magredile, di facile consultazione durante le escursioni. Le attività laboratoriali si sono svolte utilizzando il più possibile come veicolo comunicativo la lingua friulana (che viene regolarmente utilizzata anche durante le ore di musica), generalmente per classi aperte ed hanno in parallelo sviluppato abilità di tipo multimediale ed informatico.
Il laboratorio di informatica è stato utilizzato per la realizzazione dei prodotti
sopra elencati, da tutti i bambini, che hanno digitato, acquisito e ritoccato
immagini, prodotto in power point, impaginato, mappato; hanno anche giocato con lo strumento didattico messoci a disposizione dall’Università di Trieste, utile all’utilizzo delle chiavi per il riconoscimento delle specie botaniche presenti nei magredi. Il risultato più evidente di questi anni di attività laboratoriali condotte in questo modo è stato il formarsi di una comunità scolastica vera e propria: per tutti i bambini, qualsiasi insegnante, non solo quelli assegnati alla loro classe, è un punto di riferimento, un compagno di lavoro, una persona cui rivolgersi per qualsiasi necessità, consiglio, confidenza. E ciascun insegnante si sente investito della responsabilità di accompagnare qualsiasi bambino, anche se non direttamente affidatogli, lungo il proprio, personale percorso di formazione.
La necessità di reperire i materiali naturali, esperienze stimolate da guardie
forestali intervenute a scuola, le spinte di alcuni (pochi) bambini che già erano fortemente attratti dal territorio circostante il torrente, hanno poi motivato le uscite attraverso i prati del magredo, per raggiungere il greto del Cellina.
Dopodichè tutta l’esperienza si è autoalimentata e rigenerata continuamente: le impressioni provocate dall’ambiente - per alcuni al primo impatto - sono state sempre cariche di significato e motivo di senso. Con la conduzione di uscite a più riprese e raffrontando gli esiti di ciascuna e di ciascuna classe, è stato così possibile mettere a punto quello che è divenuto l’oggetto didattico dell’esperienza, ovvero una giornata di didattica situata nella cellula ecomuseale “I magredi di Vivaro” che si avvaleva ovviamente anche delle attività sviluppate nel corso dei laboratori opzionali.
La prima giornata di didattica situata è stata poi sperimentata, grazie agli stimoli offerti dall’ecomuseo e dalla scuola primaria di Anduins, a fine aprile; la sperimentazione ci ha dato modo di valutare il pacchetto di offerte proposto e, soprattutto, la significatività che il progetto aveva fino a quel momento avuto, nonché di apportare i necessari cambiamenti per la sua prosecuzione nel successivo anno scolastico.

METODOLOGIA

Abbiamo voluto provare a trasferire alla ricerca di conoscenze scientifiche quella che noi definiamo “metodologia dell’empatia” e che abbiamo già sperimentato in precedenti progetti legati all’insegnamento della lingua friulana, legati ad argomenti a carattere storico o inerenti usi e costumi.
Nei casi appena accennati, i bambini avevano modo di rivivere i vissuti
raccontati dagli anziani o da documenti storici primari, rielaborandoli, animandoli attraverso rappresentazioni teatrali in lingua locale; ciò permetteva loro di capire a fondo i vissuti stessi, la terminologia e la lingua utilizzata, di sentirsi empaticamente vicini ai protagonisti reali dei fatti rappresentati, talvolta presenti nel pubblico, o alla gran parte del pubblico stesso che esprimeva il proprio sentire. Tali esperienze permettevano poi di approfondire la ricerca notevolmente, anche in territori che per i bambini di questa età altrimenti sarebbero stati decisamente impervi.
Anche nel caso della ricerca scientifica sui magredi era possibile partire da
vissuti e provocare vissuti capaci di trasferire un primo livello di conoscenze che fungessero anche da stimolo all’approfondimento.
Con i bambini di terza, ad esempio, è stato il racconto registrato di una anziana del paese a scatenare le emozioni e le curiosità che poi hanno condotto alla produzione della cartolina sonora. L’anziana raccontava le proprie esperienze di bambina nei magredi (il camminare sul fieno alto, il padre che falciava, ….) e i bambini si sono accorti che mentre ascoltavano la registrazione, ‘sentivano’ i suoni che lei, senz’altro aveva provocato o sentito, alcuni sicuramente simili a quelli provati durante la loro prima escursione, altri paragonabili ad esperienze loro, avvenute vicino casa però. E, soprattutto, si sono accorti di ‘sentire’ la stessa fatica sentita dall’anziana, quella volta bambina e più bassa del fieno, la stessa paura da
lei provata, nel perdersi nei magredi, la stessa sensazione di sconfitta provata da loro che credevano di poter raggiungere facilmente a piedi l’alveo del torrente.
Da notare: prima di questo ascolto, appena messo piede nel prato del magredo evoluto, i bambini mi hanno chiesto di esprimermi in friulano. L’anziana nell’audio si esprimeva in lingua locale e, discutendo sull’ascolto, l’hanno ritenuta la lingua ‘giusta’ per quel racconto anche se più di qualcuno aveva difficoltà nel comprenderla! Ho chiesto, dopo questa riflessione, perché durante l’escursione mi avessero chiesto di esprimermi in friulano; la risposta è stata: “Perché il magredo ‘gusta’ di friulano” ed è stata data da una bambina che non lo sapeva parlare.

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